Versi sul cesso

[Flussi]

Lungi da me definirmi poeta.

Credo che certe etichette artistiche non sia corretto autospillarsele sull’Eastpak – esistono ancora? -, credo che l’arte sia rappresentazione e comunicazione e che sia il pubblico, spettatore, lettore, critico, passante, a doversi prendere la briga di riconoscere o interpretare il valore del messaggio e a scegliere quindi il ruolo da affibbiare all’autore dell’opera. Scrittore, poeta, pittore, scultore, attore, artista, performer, scimmiottatore, saltimbanco, plagiario e aggettivi più o meno offensivi: qualsiasi di queste cose è vera purché venga dall’esterno.

Tutto questo per dire che sono a caccia di parole, senso e suoni da mettere in riga, sto cercando di assemblare un testo che mi convinca, magari anche che arrivi a qualcuno, e intanto rido.

Rido forte.

Rido, perché mi rendo conto che in questo momento sto componendo versi mentre sono sul cesso, e le battute sul valore artistico della mia produzione vengono da sé.

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