Esperienza extracorporea

[The One]

Mi piace guardarti mentre parli con la gente.

Mi pare quasi irreale.

Osservarti interagire con il mondo, come se allargassi per un momento l’inquadratura, come se vivessi una di quelle esperienze extracorporee nelle quali i fantasmi sono di un azzurro semitrasparente, come se all’improvviso constatassi che esisti veramente.

Come se ogni tanto fosse necessario allontanarsi per vederti meglio.

Intanto tu parli, parli, parli e io sorrido, aspettando che mi guardi, per tornare ad avvicinarmi e vederti da vicino, vicinissimo.

E invece 30

[Varietà]

Mi pareva

un vuoto ancestrale

una carenza vitale

un velo d’ingiustizia

una supplica nel deserto

uno spasmo di cordoglio

un’apocalisse di cellulosa

e invece era

finita la carta igienica.

Boccioli punti

[The One]

Chissà perché

quando penso a te

faccio rime idiote

e mi abbandona il senno

fuggito insieme al nesso

su un treno qualsiasi

stretti in un abbraccio

assennati e annessati

loro

mentre io resto qua

a bagnar le rose

in attesa di un bocciolo

che ti faccia sorridere.

E mi vedi

[The One]

Ti aspetto

sul ciglio di un marciapiede

tra gli echi di una canzone di strada

i riverberi spazzati dalle folate dei passanti

in balìa degli sguardi distratti di chi non sente

la canzone che ti sospinge come vento

quando affiori dalla porta di un negozio

e mi vedi

e mi sorridi.

I fagiolini fanno toc

[Varietà]

Nella categoria “Azioni Proustiane” rientra a pieno titolo l’atto del pulire i fagiolini.

Elba, Zanca per la precisione, piena estate; al centro del salone un tavolo di legno massiccio, nascosto da una cerata ricoperta d’immagini di fiori e piante, ognuna con il proprio nome scritto in un corsivo minuto e sgranato. A capotavola un bimbetto, 6 o 7 anni, i capelli umidi dalla doccia, petto nudo e pantaloncini a righe. Alla sua sinistra la nonna, 60 o 70 anni, per il bimbo non c’è molta differenza, capelli gonfi dalla piega, vestaglia azzurrina e grembiule a righe. A dividere i due un cumulo di bastoncini verdi, appuntiti alle estremità; due chili almeno, forse più.

– Allora, stellina, per pulire i fagiolini devi togliere il capo e la coda, così.

Toc. Toc.

Il ragazzino fissa nella mente l’azione e annuisce. Prende un fagiolino e con la punta delle dita stringe un’estremità.

Niente toc.

– Guarda, non strizzarlo, pieghi leggermente e tiri.

Toc. Toc.

Le sopracciglia del bimbo si aggrottano appena, afferra un altro fagiolino, stringe e tira.

Niente toc.

Il nipote guarda interdetto la nonna che sorride e prende un baccello.

Toc. Toc.

– Nonna perché i miei fagiolini non fanno rumore?

– Che rumore?

– I tuoi fagiolini fanno toc.

– Oimmèna, anche i tuoi fagiolini possono fare toc, stellina. Se li pulisci bene faranno toc! Su, riprova.

Il bimbo prende un fagiolino dalla montagnetta, concentrato afferra l’estremità dal baccello da cui spunta un pezzettino di rametto secco, piega e tira.

Toc.

Il nipote sorride, alzo gli occhi verso la nonna e in uno sguardo si trasmettono la gioia.

Vita d’un paguro 2

[Varietà]

– Ma io non voglio andarmene, sto bene qui!

– Basta! Ne ho abbastanza delle tue lagne adolescenziali. Zitto e mangia.

Lucas osservò la pietanza che la madre gli aveva servito: un misto di pesce e crostacei presentati alla bell’e meglio.

– Mamma, lo sai che sono vegetariano, sembra che tu lo faccia apposta!

– Senti, se vuoi fare il vegericoso prendi la tua roba e vai a vivere da tuo Zio Armando, a coltivare quella robaccia viscida che Poseidone-solo-sa che cosa sia. Io sono stanca delle tue lamentele sulla casa, sul cibo, sul lavoro di tuo padre e su tutto quello che secondo te c’è di sbagliato nella vita che abbiamo costruito. Non accetto più questa insolenza sotto questo masso, fila in camera tua!

Lucas sbuffò rumorosamente e si ritirò nella sua conchiglia sbattendo le chele.

Era esausto, ogni giorno i suoi genitori tiravano fuori quella maledetta storia del trasloco naturale, necessario, imminente. “Oramai sei cresciuto, urti qualsiasi cosa appena ti giri”, “Non puoi pensare di rimanere tutta la vita nella stessa conchiglia”, “Alla tua età tuo padre aveva già un bilocale tutto suo” e quella che detestava più di tutte “Cosa diranno al Club dei Crostacei se ti vedranno andare in giro con quel guscio pieno di buchi e rattoppi?”.

A Lucas non interessava un plancton di quello che avrebbero detto quei bavosi dal ventre molle. Lucas era giovane, forte, pieno di energia e voleva una sola cosa dalla vita: la felicità. Ed era certo che non l’avrebbe mai trovata se avesse ripetuto quello che i suoi genitori avevano vissuto prima di lui.

Immerso nella sua rabbia sentì arrivare il padre con il solito passetto stanco e deluso.

– Bentornato amore, com’è andata oggi?

– Mi sono rotto i peduncoli di questa vita del plancton.

– Edgar!

Il marito si ritirò nella sua conchiglia senza dire più nulla, Marisa si sedette di fronte alla cena che aveva preparato, chinò il capo e pianse.

Ogni volta (o Riflessivi desueti)

[The One]

Ogni volta come la prima volta

mi beo

dell’effetto che fa la pressione del tuo corpo sul mio,

il peso di tutti i tuoi organi, posti esattamente in quell’ordine;

mi estasio

della sensazione di compressione sulle ossa

che si adattano, molleggiano,

plasmate dal desiderio di esserci addosso;

mi crogiolo

nel calore diffuso, colloso,

spanso sulle pelle come olio,

come quelli che ti spalmi sotto la doccia

mentre ti guardo e sorrido

come la prima volta.