[Varietà]
Sorge un’alba tanto bianca da ferire le pupille, l’accompagna un profumo umido e tagliente che s’inerpica fino alla base del naso, che, anestetizzato, non riesce più a respirare.
Sono in due, seduti sul freddo di un muretto, a osservare il sorgere del giorno.
– Che ore sono?
– Eravamo d’accordo che non ce ne sarebbe fregato nulla del tempo, ricordi? Erano circa le tre quando mi hai detto che non avremmo più guardato un orologio in vita nostra.
– A proposito. Dov’è il mio orologio?
– A quest’ora dovrebbe essere sul fondo del lago, a chiedersi cos’aveva fatto di male. L’hai gettato via inveendo contro di lui, contro i secondi, i minuti, le ore, i giorni, gli anni. Certo, se fossi stato coerente avresti gettato anche il telefono, ma ho reputato non fosse il caso di puntualizzare, avresti potuto darmi retta.
– Sono ancora incazzato con il tempo.
– Lo siamo un po’ tutti.
– Come ci siamo arrivati qui?
– Non mi sono reso conto che avessi bevuto così tanto. Abbiamo preso la mia macchina e siamo…
– Non intendevo come siamo arrivati in questo luogo, intendevo come siamo arrivati a questo punto della nostra vita.
– Immagino un giorno dopo l’altro, reagendo agli eventi, rispondendo alle domande, compiendo miliardi di piccole scelte.
– Detta così pare che non siamo padroni della nostra vita.
– Penso che alla fine vivere sia un concetto più frammentato di come viene raccontato. Penso che sia più simile a un sacchetto di coriandoli, che a un blocco di pongo.
– E quando finisci il sacchetto di coriandoli?
– A quel punto tanto vale scendere dalla giostra e non pensarci più.
– Secondo te, alla fine, ne vale la pena?
– Guardati intorno, credo che la risposta sia davanti ai nostri occhi.