[Varietà]
Mezzanotte di maggio.
Una panchina, in un parchetto di città brullo e senza grande gioia, e un ragazzo seduto, con un cappuccio scuro e il capo chino.
Il volto illuminato dallo schermo del cellulare, i tratti del viso appena accennati, intuibili a stento, nascosti dall’ombra e della voglia di solitudine.
Gli occhi appena chiusi e infastiditi da un vento più fresco dell’aria, occhi immobili, occhi scrigni di tesori.
Passano macchine e moto a distanza di minuti incerti l’una dall’altra, si incrociano, si superano, non si fermano. Semafori alternati le rallentano a stento, incapaci di tenersele vicine se non per più di qualche secondo. Dove vanno lo sanno solo loro, come certe parole e certi testi, che passano accanto, le luci spalancate, senza fermarsi.