Le sensazioni della prima volta

[Flussi]

Esiste una gamma di sensazioni irripetibili per definizione.

Le sensazioni della prima volta.

Ricordi sinestetici che accompagnano la vita a braccetto con la nostalgia, e fanno da termine di paragone con tutto ciò che viene dopo. Spesso si trascinano dietro immagini, colori, parole e altre, indefinibili, sensazioni.

Vorrei poter percepire quelle emozioni ancora una volta. Vorrei sentire gli odori come se non li conoscessi, riempirmi delle emozioni binarie dell’infanzia, vorrei avere sensi vergini e illibati. Vorrei, ma non posso, quindi scrivo e rileggo.

Il primo tuffo in mare, il primo Fior di Fragola, la prima volta che ho ascoltato Stairway to heaven.

Il primo volo in aereo, il primo bacio, la prima volta che ho mangiato i pomodori dell’Isola d’Elba.

La prima carezza, il primo boato della Maratona, la prima volta che ho sentito il profumo di una pineta.

La prima focaccia, il primo stipendio, la prima volta che ho visto un concerto dal vivo.

La prima sbronza, la prima vacanza con gli amici, la prima volta che ho letto la morte di Druss.

Il primo giorno di università, il primo viaggio in autostrada, la prima volta che ho visto una lucciola.

La prima volta che ho sentito il nostro amore, quella no; quella la rivivo ogni volta che ci guardiamo negli occhi.

Santuario urbano

[Varietà]

Vicino a casa è morto un ragazzo. Un incrocio bastardo, un incidente in moto. Non è il primo.

Sul palo del semaforo da mesi si danno il cambio fiori, fotografie, articoli, lettere, sciarpe e maglie granata, addobbi stagionali, natalizi, estivi.

Di tanto in tanto nei pressi di quel palo sostano dei ragazzi, in gruppetti, in coppia, da soli. Restano fermi, fumano, qualcuno tocca le foto, qualcuno cerca nella tasca un fazzoletto. Non ho mai visto nessuno di loro mettere mano agli ornamenti per sostituirli con altri, come se quei fiori e quelle foto avessero la forza di pensare da sé a rinnovarsi, a scrollarsi di dosso pioggia e smog per apparire sempre freschi.

Si tratta solamente di non essere lì nel momento in cui qualcuno si occupa di curare quel santuario urbano, che nella mia testa ha una sua energia, che nella mia testa ha deciso di accudire con le proprie forze la memoria di quel ragazzo.

Black Mirror for dummies

[The One]

Mi sostituirò un occhio con un obiettivo fotografico e occuperò tutti i giga disponibili della mia memoria con i fermoimmagini delle tue espressioni.

Come quando poggi il braccio sullo schienale della sedia accanto.

Come quando alzi il sopracciglio e mi guardi fisso.

Come quando scoppi a ridere e ti copri la bocca.

Come quando scorri il menù con le dita sulle labbra.

Come quando fissi concentrata il telefono alla ricerca di qualcosa.

Come quando finalmente sciogli lo sguardo severo e mi vivi senza più freni.

Come quando ti sporgi dal tavolo per baciarmi.

L’ultima l’ho inventata io.

Ma tutte le altre le riguarderò quando tra qualche tempo mi chiederò cosa mai ci trovassi di bellissimo in te.

Sulla bellezza della tristezza 3

[Flussi]

Non c’è più niente di tuo qui eppure sopravvive l’eco. Rimbomba nella valle celebrale, devo ascoltare, non devo tapparmi le orecchie. Devo ascoltare e godermi l’angoscia del suo svanire lentamente nei ricordi.

Poi sarà di nuovo una valle d’aria fresca.

Ma prima fammi piangere un’ultima volta, per favore. Le lacrime non sono mai inutili, come non lo sono mai le pagine scritte male senza fermarsi. Lo scarabocchio d’inchiostro è un profilo di me che non conoscevo, che ignoravo. Grazie a queste lacrime mi si para davanti come il fugace riflesso di una vetrina in cui non ti riconosci subito.

Sono io quelle lacrime, sono io anche quello.

Forse il senso della tristezza è questo: metterti di fronte di fronte un altro lato di te stesso.

Se è così allora sì, la tristezza è bella.