[Varietà]
Mi pareva
un vicolo cieco
una deviazione dirimente
un break inderogabile
una tregua tattica
un volo sul trapezio
una questione di tempismo
e invece era
un coito interrotto.
[Varietà]
Mi pareva
un vicolo cieco
una deviazione dirimente
un break inderogabile
una tregua tattica
un volo sul trapezio
una questione di tempismo
e invece era
un coito interrotto.
[Varietà]
Balla, balla bambolotto
sopra un palco d’immondizia
fa’ una bella piroetta
in eterno il tuo supplizio.
Canta, canta marionetta
una nenia senza senso
alla fine del tuo atto
spera in una morte lesta.
Esibisciti per noi
grato per l’eternità
al padrone che lassù
sparge soldi agli operai.
[Varietà]
Mi pareva
un refuso in fuga
una strada senza senso
un ossimoro etilico
un’offerta illogica
un bagnino alpino
un’ingiuria inescusabile
e invece era
una birra analcolica.
[Varietà]
Mi pareva
l’armadio di Narnia
la macchina del tempo
il gate numero 57
la potestà risorta
l’orizzonte obliato
la licenza esistenziale
e invece era
la prima dose di vaccino.
[Varietà]
Colonne!
Colonne a perdita d’occhio
righe in fasci da dodici
rigoroso ordine militarcronologico
sull’attenti!
Rinchiuse in celle colorate
cifre tristi gridano la loro innocenza
implorano per una boccata d’aria
– Aria, per carità! –
mentre dita di legno sbattono il capo su lettere sbiadite
caratteri immemori del loro significato.
Pausa caffè
liberi tutti
non andate troppo lontano
state dove possiamo vedervi
e non toglietevi per nessun motivo le catene dalle caviglie.
[Varietà]
Mi pareva
un vuoto ancestrale
una carenza vitale
un velo d’ingiustizia
una supplica nel deserto
uno spasmo di cordoglio
un’apocalisse di cellulosa
e invece era
finita la carta igienica.
[The One]
Chissà perché
quando penso a te
faccio rime idiote
e mi abbandona il senno
fuggito insieme al nesso
su un treno qualsiasi
stretti in un abbraccio
assennati e annessati
loro
mentre io resto qua
a bagnar le rose
in attesa di un bocciolo
che ti faccia sorridere.
[The One]
Ti aspetto
sul ciglio di un marciapiede
tra gli echi di una canzone di strada
i riverberi spazzati dalle folate dei passanti
in balìa degli sguardi distratti di chi non sente
la canzone che ti sospinge come vento
quando affiori dalla porta di un negozio
e mi vedi
e mi sorridi.
[Varietà]
Mi pareva
un sequestro alieno
una défaillance effimera
un mancamento fulmineo
una badilata temporale
uno svenimento post-apocalittico
una pausa sensoriale
e invece era
un abbiocco pomeridiano.
[Varietà]
Eppure l’avevo messo qui
quel sogno,
sono certo di averlo messo qui da qualche parte.
Ricordo di aver pensato: “lo lascio qui, così sono sicuro di ritrovarlo”,
sarebbe stato il primo posto dove avrei cercato, quando sarebbe giunto il momento.
Ora che il momento è giunto,
o almeno credo,
di riprendere in mano quel sogno, di soffiarci sopra,
di farne qualcosa di più
di un semplice sogno buttato lì,
proprio ora,
non lo trovo più.
Com’è possibile?
Non è che i sogni sono volatili, vero?
Non è che sottoposti a una certa pressione, a una certa attesa, evaporano?
Non funziona così, vero?
A scuola non mi pare ce l’abbiano mai detto,
avrebbero dovuto dedicare un’intera lezione di chimica sui passaggi di stato dei sogni,
non ci hanno mai insegnato nulla del genere,
o magari non ero attento io,
ero così svagato,
preso com’ero da certi sogni.